Intervista ad Augusta Poletti, Anteas Offanengo (CR)

Intervista ad Augusta Poletti, Anteas Offanengo (CR)

09/04/2020

Intervista ad Augusta Poletti, Anteas Offanengo (CR)


Devi parlare con l'Augusta, mi dicono all'Anteas di Cremona, perché è un pilastro
del volontariato locale.
Piatto ricco mi ci ficco, si dice.
Prendiamo quindi appuntamento io e l'Augusta per farci una chiacchierata al telefono. Restiamo a parlare per un'ora, dopo un inizio che non è stato fra i più fluidi.


È riservata Augusta, ex quadro di una grande azienda dolciaria con sede a Milano, e anche quando le chiedo di darci del tu, acconsente volentieri ma poi, per un bel po', continua a rivolgersi a me con il Lei.
“Sa - mi dice quasi scusandosi - io non sono una compagnona, di quelle tutte baci e abbracci e complimenti, non sono abituata, però l'umanità che ho trovato qui in associazione è un tesoro inestimabile chemi ha cambiata dentro, nel profondo”.

Augusta, dopo la pensione, è tornata alpaese d'origine, Offenengo, comune di 6000 anime in provincia di Cremona, dopo 25 anni di vita, frenetica ci tiene ad evidenziare, a Milano; lei era sola, la sorella, al paese, era rimasta vedova e così, rientrare, diventava la rassicurante  prospettiva di ripristinare una dimensione familiare. Ma Offenengo non è Milano e, nelfrattempo, le amicizie di una volta non c'erano più: chi si era  sposato, chi se n'era andato, chi, semplicemente, non si ricordava più dell'Augusta. Che si annoia e si sente anche pesce fuor d'acqua.

Ma un dì, perché la vita sa sempre sorprenderci, Augusta incontra quelle che definisce “persone splendide,
meravigliose, pure, di una generositàincantevole”: con loro, 16 anni fa costituisce Anteas Offenengo di cui diventaresponsabile. Oggi la sede conta 20 volontari, attivissimi.

“Il nostro fiore all'occhiello è l'ambulatorio sociale, in convenzione col Comune che ci ha fornito gli spazi”. Qui, tutti i giorni, tutto l'anno, 5 infermieri in pensione offrono a turno servizi di base in forma gratuita: dalleiniezioni, al controllo della glicemia, della pressione all'ossigenazione del sangue.
Ancora, avvalendosi di una mensa comunale, consegnano pasti caldi agli anziani che non hanno la possibilità o non sono in grado di prepararseli da soli. Con il furgoncino attrezzato si occupano anche di
trasporto sociale, arrivando fuori provincia e hanno un'attività specifica di accompagnamento per persone disabili.
Poi, il coronavirus.
“Abbiamo dovuto chiudere subito, a malincuore, l'ambulatorio. Fino a quindici giorni fa eravamo invece attivi sulla consegna dei pasti caldi, con tutte le precauzioni del caso. Dopodiché, anche in considerazione dell'età dei nostri volontari, il servizio è stato assolto da un gruppo di ragazzi della parrocchia e noi ci
siamo dedicati alla consegna dei farmaci e della spesa a domicilio nonché al trasporto delle persone in ospedale, per visite, per portare indumenti ai degenti, per ricoveri o dimissioni”.


Ed è una proprio una dimissione a toccare profondamente il cuore di Augusta.
“Mi hanno chiamata alle 20,30 di sabato per recuperare una signora che era stata dimessa. Non aveva nessuno che poteva assisterla e portarla a casa. Mi aspettava davanti all'ospedale, con la sua valigetta.
Non ci eravamo mai viste, ma mi ha sorriso con gli occhi lucidi come se avesse riconosciuto una figlia”.
Anche l'Augusta è sola, la sorella di Offenengo l'ha lasciata due mesi fa. E lei si interroga sulla sua solitudine. Si è immedesimata con quella signora sola e sull'importanza - vitale - di un'associazione che c'è, quando hai bisogno.
“Questa pandemia ha generato una paura enorme nelle persone, accentuando le fragilità, ma penso che sia un'occasione per concentrarci su ciò che è davvero essenziale, oltre le apparenze”.
Adesso deve proprio scappare l'Augusta. Salirà in macchina e, con tutte le cautele, passerà, casa per casa, dai suoi volontari:
vuole augurare loro una buona Pasqua, vedendoli affacciarsi dalla finestra, e lasciare davanti all'uscio di ciascuno una colomba.
“Perché sai - e arriva il “tu” - a loro devo tanto, mi sento viva, utile, mi sento in famiglia”.